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DIPARTIMENTO MISTO DI ONCOLOGIA ED EMATOLOGIA LABORATORIO DI RICERCA EMATOLOGICA RESPONSABILE: Prof. Mario LUPPI GRUPPO DI LAVORO: Background Numerose sono le evidenze sperimentali, raccolte negli ultimi cinquanta anni, a favore di un ruolo patogenetico di agenti virali linfotropi nella patogenesi di diverse neoplasie del sistema emolinfopoietico. Il virus di Epstein-Barr (EBV), un virus erpetico, ed il virus linfotropo umano di tipo I (HTLV-I), un retrovirus, sono certamente i virus umani da più tempo studiati, e sebbene molti aspetti della loro biologia ed interazione con l’ospite non siano ancora del tutto chiari, un loro ruolo causale nello sviluppo di specifiche neoplasie linfoidi è ormai universalmente riconosciuto. Il nostro laboratorio è impegnato da almeno dieci anni in una attività di ricerca volta alla caratterizzazione del significato biologico e clinico delle infezioni virali nelle neoplasie umane, non solo ematologiche. Tra i temi di ricerca sviluppati nel nostro laboratorio, figurano lo studio dell’infezione da EBV nei linfomi Hodgkin e non Hodgkin, sia a cellule B che T, e la caratterizzazione dell’infezione da tale virus nello sviluppo del tumore mammario. Più recentemente altri due virus erpetici sono stati scoperti, il virus erpetico umano sesto (HHV-6) ed il virus erpetico umano ottavo (HHV-8). Proprio a tale riguardo il nostro laboratorio ha contribuito a dimostrare che l’infezione da HHV-6 si associa a diversi disordini linfoproliferativi benigni e maligni, quali certi sottotipi istologici di malattia di Hodgkin, e di linfomi a cellule T. A differenza degli altri virus erpetici, HHV-8 non è ubiquitario nella popolazione mondiale, e l’infezione da tale virus è singolarmente circoscritta a certe aree geografiche, tra cui l’Italia. Il nostro gruppo ha documentato la relazione tra l’infezione da HHV-8 e lo sviluppo del sarcoma di Kaposi e per la prima volta ha dimostrato il coinvolgimento di questo virus nella genesi di rare sindromi simil-mononucleosiche e neoplasie linfoidi. Del tutto recentemente nel nostro laboratorio è stato dimostrato, per la prima volta, che questo virus può essere trasmesso con la donazione di organo solido e può indurre nel ricevente lo sviluppo di tumori e/o di gravi patologie a carico del midollo osseo. E’ ovvio pertanto che lo studio e la caratterizzazione dell’infezione da HHV-8 riveste particolare importanza, sia nei soggetti immunocompetenti che immunocompromessi, proprio nella nostra regione dove la diffusione del virus è tra le maggiori al mondo. La competenza scientifica del nostro gruppo nel settore è stata dimostrata in questi anni dalle numerose pubblicazioni a stampa, sulle principali riviste internazionali e dalla partecipazione ad invito a Congressi Nazionali ed Internazionali a tenere relazioni e lezioni sui temi sopramenzionati. ATTIVITA’ DEL LABORATORIO: 1. diagnostica virologica onco-ematologica Sin dal suo inizio, l’attività di ricerca nel nostro laboratorio ha tratto ispirazione e materia di studio da una parallela attività di diagnostica e caratterizzazione virologica prevalentemente eseguita sui campioni tumorali che afferiscono al laboratorio non solo dall’interno del Policlinico, ma anche da diversi centri Ematologici ed Oncologici Italiani. Se l’attività di ricerca è volta principalmente a chiarire il ruolo patogenetico dei virus linfotropi nella genesi dei tumori umani l’attività di "diagnostica" virologica dei tumori umani ha ovviamente un carattere preminentemente pratico, con una stringente ricaduta sul piano clinico, sia diagnostico, sia prognostico, sia terapeutico. Ad esempio, l’infezione da EBV nei linfomi a cellule T nei soggetti immunocompetenti, nei linfomi a cellule B post-trapianto e nella malattia di Hodgkin in soggetti HIV positivi, riveste un riconosciuto significato prognostico, che può essere considerato nel modulare l’intensità del programma chemioterapico. Nel caso specifico dei linfomi post-trapianto l’informazione relativa alla presenza dell’infezione da EBV nel tessuto linfomatoso è un assoluto prerequisito alla scelta terapeutica che può appunto prevedere l’utilizzo di una terapia cellulare con linfociti citotossici diretti contro antigeni di EBV. L’identificazione dell’agente virale in un tumore virus associato può servire come un marcatore della neoplasia, allo stesso modo di alterazioni genetiche e citogenetiche. Più precisamente, il carico virale di EBV nei linfociti del sangue periferico e nel plasma/siero di pazienti con linfomi EBV associati, così come il carico virale di HHV-8 nel plasma/siero di pazienti con sarcoma di Kaposi o con disordini linfoproliferativi HHV-8 associati correlano con lo stato di malattia, e possono essere utilizzati sia come marcatori di malattia residua che come un parametri predittivi di ripresa di malattia. L’attività di diagnostica virologica onco-ematologica nel nostro laboratorio prevede principalmente l’utilizzo di tecniche di biologia molecolare, quali la reazione polimerasica a catena (PCR), sia con oligonucleotidi specifici che degenerati, sia qualitativa che quantitativa. Tale tecnica viene applicata in certi casi, in combinazione con metodiche d’avanguardia di micromanipolazione delle singole cellule tumorali ed immunoistochimica o ibridizzazione in situ/in situ PCR, già da tempo standardizzate nel nostro laboratorio. In sintesi, l’attività di diagnostica virologica delle neoplasie umane viene eseguita sempre sul tessuto patologico neoplastico (bioptico o chirurgico), e, in molti casi, anche sul sangue periferico e plasma/siero prelevati dal paziente affetto da neoplasia. Ciascun campione biologico viene in parte congelato in azoto liquido (o a –80°C) ed in parte fissato ed incluso in paraffina, così come ciascun prelievo di sangue periferico, plasma/siero viene storato a –20°C. I tests molecolari di PCR per la ricerca di sequenze virali vengono eseguiti indifferentemente sia su materiale fresco, sia su materiale congelato, sia su materiale paraffinato. I tests di PCR su singola cellula neoplastica, isolata mediante micromanipolazione, vengono eseguiti su tessuto paraffinato. I tests di in situ per la presenza di sequenze virali e di immunoistochimica per l’espressione di proteine virali, vengono eseguiti su tessuto paraffinato. Tipo di esami svolti: Tests molecolari
Tests di PCR su singola cellula isolata con micromanipolazione
Tests di in situ e immunoistochimica
Inoltre, la competenza del gruppo di ricerca e l’interesse ai temi di virologia in campo onco-ematologico in generale ha fatto sì che da circa due anni al nostro laboratorio sia stata richiesta, da diversi Centri (Divisione di Nefrologia e Trapianto di Rene, Spedali Civili di Brescia; Ematologia, Spedali Civili di Brescia; Malattie Infettive II, Spedali Civili di Brescia; Divisione di Ematologia e TMO, Ospedale Ferrarotto, Catania; Ematologia, Ospedale S.M. Nuova Reggio Emilia; Divisione di Ematologia/Unità TMO, Az. Osp. di Verona) una attività di diagnostica strettamente virologica di caratterizzazione di patologia virale erpetica non neoplastica nel soggetto immunocompromesso, trapiantato di midollo osseo e di organo solido, di rene in particolare. Pertanto le medesime tecniche sopracitate sono state applicate alla identificazione di possibili agenti virali responsabili ad esempio di epatiti, encefaliti, polmoniti, citopenie, etc. in soggetti trapiantati.
L’attività di diagnostica ha trovato una naturale e importante evoluzione in uno Studio di Ricerca avviato nel nostro laboratorio che prevede lo screening dello stato di portatore dell’infezione da HHV-8 in donatori di organo solido e di midollo osseo/cellule staminali periferiche, e lo studio ed il monitoraggio della eventuale trasmissione di tale infezione virale nei riceventi il trapianto. Tale studio autonomamente finanziato in gran parte da fondi di ricerca universitari (Dr. Mario Luppi, AIRC) ed in parte anche da fondi privati (Novartis), coinvolge attualmente cinque centri di trapianto di rene (Brescia, Parma, Udine, Vicenza, Verona) appartenenti al Nord Italian Transplant (NIT) ed almeno nove centri di trapianto di midollo osseo/cellule staminali periferiche (Genova, Firenze, Bolzano, Alessandria, Piacenza, Pavia, Catania, Torino, Roma) facenti capo al Gruppi Italiano Trapianto di Midollo (GITMO). Considerando che l’infezione da HHV-8 nel nostro Paese è endemica e che l’infezione da HHV-8 costituisce un rischio accertato di sviluppare diversi tipi di neoplasia oltre che di gravi manifestazioni cliniche non neoplastiche nei soggetti trapiantati, lo studio in corso fornirà dati molto importanti che speriamo costituiranno la base per introdurre lo screening dell’infezione da HHV-8 in tutti i donatori e riceventi di organo nel nostro Paese. Negli ultimi tre anni l’attività di ricerca si è rivolta specialmente a definire il ruolo dell’infezione del virus erpetico umano ottavo (HHV-8) nello sviluppo del sarcoma di Kaposi post-trapianto di organo solido (fegato e rene, principalmente). A tale riguardo abbiamo dimostrato:1) che HHV-8 può essere trasmesso con un trapianto di rene da un donatore asintomatico, latentemente infettato, ed indurre la comparsa del sarcoma di Kaposi in un soggetto ricevente (Luppi M, et al. New Engl J Med 2000; 9: 1378); 2) che non solo il virus ma anche cellule progenitrici del sarcoma di Kaposi infettate dal virus possono essere trasmesse da un donatore ad un ricevente, persistere nel ricevente e dare origine al tumore (Barozzi P, Luppi M, et al., Nat Med 2003; 9: 554). Tale comportamento ricorda quello di un altro tumore post-trapianto, e cioè il linfoma associato ad infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) che si sviluppa in soggetti riceventi un midollo T depleto, come una espansione incontrollata di linfociti B infettati da EBV, ad origine del donatore. Pertanto il sarcoma di Kaposi rappresenta il secondo esempio di tumore umano che si può sviluppare in un paziente trapiantato di organo a partire da cellule progenitrici derivate dal donatore, suggerendo la possibilità di sviluppare strategie di immunoterapia adottiva, come di fatto avviene nel trattamento dei linfomi post-trapianto EBV associati. Tale trattamento si potrà basare: 1) sul trasferimento "passivo" di CTL specifici anti-HHV-8, amplificati in vitro; 2) vaccinazione con cellule dendritiche, che pulsate con il peptide virale, sono potenzialmente in grado di indurre una risposta CTL. Recentemente, abbiamo riscontrato la presenza di HHV-8, mediante Immunoistochimica con Anticorpo mono/policlonale anti LANA, nelle cellule dei tubuli renali di alcuni pazienti con sarcoma di Kaposi. Attualmente, è in corso uno studio, in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, che prevede lo sceening di pazienti affetti da glomerulonefrite associata ad infezione da HIV. Lo scopo principale dello studio è quello di utilizzare moderni metodi di biologia molecolare per andare a verificare l’eventuale esposizione ad un agente eziologico virale comune in un cluster di militari impegnati nelle recenti missioni militari in Kosovo ed in altre aree di guerra nell’Europa Orientale, affetti da malattia di Hodgkin. L’analisi viene eseguita su campioni neoplastici derivati da 12 pazienti con malattia di Hodgkin mediante la reazione polimerasica a catena (PCR). L’utilizzo di oligonucleotidi specifici e degenerati (per una regione genica comune alla famiglia dei virus erpetici) permette di ricercare la presenza di sequenze virali note (EBV; HHV-6; HHV-8) e non note, rispettivamente. Un secondo obiettivo dello studio è quello di indagare, mediante PCR, la presenza nei medesimi casi di mutazioni del gene P53 nelle singole cellule neoplastiche di Reed Sternberg, nell’ipotesi che mutazioni puntiformi di questo gene possano essere messe in relazione con un fattore di rischio ambientale quale l’uranio impoverito utilizzato nelle munizioni. Data la eterogeneità della popolazione cellulare tipica della malattia di Hodgkin e la scarsità delle cellule neoplastiche, gli studi e i risultati ottenuti mediante tecniche di studio ormai classiche come la PCR sul DNA estratto in toto da campioni bioptici di pazienti con HD sono stati spesso non conclusivi e comunque non attribuibili specificatamente alle cellule di Reed-Sternberg, le putative cellule neoplastiche. Per tale ragione, abbiamo deciso di utilizzare la tecnica della microdissezione che consiste nell’isolamento diretto, mediante micromanipolazione con capillari, delle cellule neoplastiche selezionate sulla base della morfologia e, ove possibile, dell’espressione di antigeni specifici, da sezioni congelate e paraffinate. Attualmente è in corso la ricerca delle mutazioni del gene P53 eseguita mediante amplificazione con oligonucleotidi primers corrispondenti agli esoni 5, 6, 7, 8, e 9, mediante una multiplex PCR e successivo sequenziamento diretto dei prodotti di amplificazione e/o sequenziamento dei prodotti di amplificazione clonati in vettori. DIDATTICA E FORMAZIONE Attualmente 5 studenti frequentano il laboratorio in qualità di tesandi: Raffaella Bosco (Biotecnologie mediche)Giulia Fontana (Biotecnologie mediche) Daniela Vallerini (Scienze Biologiche) Sara Pirondi (Biotecnologie Farmaceutiche) Annalisa Imovilli (Medicina) FONTI DI FINANZIAMENTO:
Pubblicazioni (anni 2000-2003)
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